Al contrario della scampagnata del marzo scorso, questa volta sono qui a Sesto Calende per prendere parte all’evento ufficiale, la Gravel organizzata dal Veloclub Sestese.
Il percorso è cambiato, meno dislivello, esclusione del lago di Comabbio e molti più segmenti in sterrato per tutti i suoi 100 chilometri, d’altronde è una Gravel…
Non mi sento in gran forma, è da parecchio che non macino distanze serie, e le ultime uscite sono state brevi, intense, ma soprattutto divertenti, su tutte la notturna al Cornizzolo e Roncola con Valcava al Solstizio.
L’appuntamento però non può scapparmi, l’occasione di gravellare in posti nuovi, di incontrare gli amici del Veloclub, ma anche Damiano della LodiLeccoLodi e gli altri appassionati dell’artiglio da 28, cancellano ogni mio dubbio di non farmi trovare alla partenza.
Come test, sabato pomeriggio provo ad uscire per un giretto da 30k. Il percorso è banale, giro attorno al Parco di Monza e rientro, lo scopo è sciogliere le gambe ed accendere la voglia di faticare sotto questo caldo Sole d’estate. A proposito, il caldo, sarà forse il vero nemico di questa mia avventura?
Rientrato a casa preparo il CAADX, verifico che la catena sia oliata a dovere, monto la borsa manubrio perché voglio evitare di portarmi il CamelBak sulle spalle, quattro camere d’aria, sono solo, smaglia catena, roadbook e traccia GPS… dovrei essere pronto.
Il programma prevede un briefing alle 7:45 e partenza ufficiale alle 8:00. Io, come al solito, mi presento tra i primi nella piazzetta di Sesto. Incontro Daniele, l’anima del movimento Gravel all’interno del Veloclub Sestese. Due chiacchiere, un caffè, aspetto che l’evento prenda vita con l’arrivo degli altri Bikers.
Come previsto, dopo qualche minuto arrivano Damiano (LodiLeccoLodi), lui correrà con una vera SingleSpeed DOCG, ed Emanuele, anch’egli a cavallo di una SingleSpeed di notevole fattura. Via via tutti gli altri, forse più Mountain-bike che Ciclocross, ma questo poco importa, l’importante è pedalare!
Lo speaker ci indica i “Check-point” dove ognuno di noi dovrà farsi una foto per certificare il passaggio sul tracciato, ci segnala la presenza di cani appassionati a rincorrere le bici di passaggio, e ricorda che non si tratta di una gara, ma di una pedalata tra amici, quindi niente classifica ma solo pane e salame a chi la concluderà. Giusto così.
Qualche minuto dopo le Otto si parte direzione sud, direzione Turbigo. Nei primi chilometri cerco di rimanere attaccato al primo gruppone, se non soffro troppo, perché non sfruttare il più possibile la loro scia?
Non ci rimango tanto, da subito capisco che le sensazioni dell’ultima settimana sono tutte confermate, quindi è meglio pedalare in difesa, sperando che la crisi vera arrivi il più tardi possibile.
Mollati i primi, rimango in compagnia di un biker con cui divido il lavoro sino al primo check-point, il ponte in mattoni sui canali Villoresi e Naviglio Grande. Qui riparto subito, non voglio mollare la vena che in questa prima fase mi sta aiutando a spingere decentemente sui pedali.
Ai 20k dalla partenza, sulla ciclabile per Turbigo, aggancio Damiano, non tanto perché io stia viaggiando alla grande, ma grazie al fatto che Damiano ha seguito più di una volta la traccia sbagliata. Stiamo insieme pedalando ma soprattutto chiacchierando del suo evento LodiLeccoLodi e del movimento Gravel in Italia.
Il lite-motive non cambia sino a raggiungere il drittone sul fianco del Canale Cavour, dove incontriamo Daniele (organizzatore) in compagnia di altri tre bikers del Veloclub. Sono fermi ad aspettare un quinto ciclista, staccatosi dal gruppo a causa di una scivolata. Ripartiti soli, dopo qualche metro, io e Damiano ci ritroviamo insieme a Daniele ed ai suoi compari per affrontare la seconda parte di questa Gravel, la parte per me inedita.
Il ritmo è perfetto, ma mi rendo conto che se dovessi mantenere il loro passo, mi ritroverei in forte difficoltà una volta che la crisi busserà alla mia porta. A Caltignana saluto la compagnia e mi metto alla caccia di una fontana per riempire la borraccia ormai vuota. Sono a -40 dall’arrivo, il Sole è a piombo sulla mia testa, ed i primi lampi dei crampi che verranno iniziano a farsi largo nelle mie gambe….
Strano ma vero, proprio davanti alla stazione ferroviaria intercetto un drago verde dove rinfrescarmi e fare il pieno di acqua. Al momento giusto penso, se non mi fossi dissetato sarei schiattato nel giro di un paio di chilometri …
A questo punto della Gravel la tentazione di cercare la via asfaltata per recuperare Sesto è fortissima, non tanto per la difficoltà fisica nell’avanzare, ma soprattutto per il fattore mentale, da qualche chilometro mi ha abbandonato e mi vuole sempre più portare verso la resa, convinta che uscendo dal percorso per seguire vie “normali” possa alleggerirmi il Calvario.
Non le dò retta, tengo duro e decido di proseguire finché non sarò definitivamente sconfitto dalla voglia di mollare. Una mano arriva da un’altra fontana sulla strada per Castelletto, pit stop con rabbocco di borraccia, testa sotto la fontana, e una specie di doccia a braccia e gambe per combattere la calura. Provo a sedermi un minuto ma sono costretto a scappare via quasi subito per evitare l’assalto di zanzare mosche e tafani che da queste parti raggiungono dimensioni notevoli! Avanti Savoia! Pedalare!
Il ritmo è decisamente lento, quando si avanza su terra compatta si riesce bene o male a mantenere una certa velocità, ma quando ci si infila sulla ghiaia soffice o fondo sconnesso, la pedalata diventa subito pesante ed ad ogni spinta l’ombra del crampo incombe, se aggiungiamo gola secca e fastidio agli occhi, diventa impossibile trovare qualcosa di positivo che allevi la sofferenza…
Nulla cambia sino ai -19k quando raggiungo Mariano Ticino. Ho bisogno di un Bar per bere qualcosa che non sia acqua e per chiedere indicazioni per Sesto su vie asfaltate, sono definitivamente cotto. La scena, vista da dietro il bancone, deve essere stata surreale. Un tipo, sporco e poco lucido, vestito da ciclista, che chiede gentilmente di riempire la borraccia e di bere qualcosa di fresco come un succo al mirtillo. Ci sta la richiesta di riempire la borraccia, ma un succo al mirtillo… era l’unica cosa che in quel momento desideravo bere, caffè coca o altro li avrei sboccati da li a cinque minuti. Calato tutto d’un fiato, e una volta recuperati le essenziali funzioni neurologiche per mettere insieme una frase sensata, chiedo informazioni alla Signora per rientrare su Sesto. Gentilmente mi indica la strada, segnalandomi a quale incrocio girare a destra ed a quale andare dritto, ma mentre mi parla, decido comunque che rimarrò sul tracciato, in primis perché uscire ora è stupido, mancano solo venti chilometri, ma soprattutto perché la strada disegnata da Daniele sarà sicuramente più bella di quella cazzo di statale che sarò costretto a seguire se vorrò arrivare a Sesto per vie tradizionali. Un altro importante elemento a favore del tracciato in Gravel è averlo già percorso nel marzo scorso, questi ultimi chilometri sono gli stessi del tracciato 2014, saprò quindi gestirli al meglio per raggiungere il traguardo.
Riparto e seguo la traccia del Garmin, senza nascondere un mezzo sorriso in segno di approvazione.
Il percorso mi aiuta, per circa 5 chilometri pedalo in discesa verso la valle del Ticino ed all’interno di un sottobosco con fondo in sterrato compatto e liscio, senza che questi diano fastidio nel mantenere un passo decente. Arrivato al canale artificiale di Varallo mi fermo, da qui parte l’ultima asperità di giornata, la cosiddetta salita della cava. Sono due chilometri scarsi, pendenze sotto al 8% con un fondo soffice che non aiuta, soprattutto per una ciclocross che tende, ad ogni spinta, ad affossarsi nel terreno. Mi raggiungono 4 bikers, anche loro conoscono lo strappo, ed anche loro rifiatano due minuti prima di partire. Dal canto mio la decisione è già stata presa, bici a mano e si sale a piedi, oggi la regola 7 del ciclista (se ti fermi, riparti dallo stesso punto, non sali con la bici al fianco) la metto in saccoccia, al diavolo il fair play.
Passo dopo passo una volta in cima salto in sella e mi concentro subito sull’ultimo tratto, se non ricordo male ancora un muretto, un paio di strappetti su asfalto e la vista di Sesto dovrebbe essere davanti ai miei occhi.
Così è, il contachilometri mi segnala sempre meno metri all’arrivo, ultimo autoscatto sulla sponda di Castelletto vista Piazza di Sesto, ed ultimo chilometro sul ponte di ferro per entrare in paese… ci siamo, grande arco verde e la Gravel di Sesto è conquistata!
La vista è annebbiata, ma sento qualcuno che applaude e mi fa i complimenti per averla terminata… beh, penso, i complimenti me li faccio anch’io, potevo prendere la scorciatoia, invece… bene così, come già detto molte altre volte, se non hai le gambe torni a casa, ma se è la testa che ti manca, sei fottuto .
Panini, torta, acqua e birra per chi la vuole, il Veloclub è a pieno regime per accogliere tutti i riders che arrivano alla fine di questa splendida Gravel per le “ghiaie” del parco del Ticino.
Ritrovo gli amici Damiano, fresco e riposato come se non fosse nemmeno partito, Emanuele, primo arrivato nella speciale classifica Singlespeed, ed il Patron Daniele, sereno e soddisfatto per questa “Quarta edizione” della Gravel di Sesto, terza in era moderna ma quarta se consideriamo la prima nel 1909, così dice lui, noi non c’eravamo quindi ci fidiamo…
Cotto e brasato, rifiato qualche minuto, scambio due chiacchiere, ma poi decido di salutare e ringraziare tutti per rientrare a casa e mettermi sotto una meritata doccia e davanti ad un buon piatto di frutta fresca, l’unica cosa che in queste condizioni riesco a mangiare.
Grazie Sesto, grazie Daniele, alla prossima, magari versione “Winter”, così almeno i tafani saranno in letargo.
E bravo Max! Qunado si sta bene la pedalata é “logica” ma quando non va bene, allora diventa onorevole: fa la differenza tra il banale e il mitico. Ciclocross, gravel: affascinante mondo! Permettimi solo un appunto scherzoso: il foglio di poliuretano sul telaio per non graffiare il tubo con la borsetta per barrette su una ciclocross proprio non ci sta!
Grazie Franz!
perchè non ti il mio proteggi telaio?!
è così tecno-light-aero-fico!? 😉
bye
max
Max, non capirmi male, un po’ si scherza… Bello vedere la cura del mezzo così rimane bello (anche formalmente a lungo) e se lo devi rivendere non ci guadagni ma almeno fa bella impressione.
Solo che su una bici da ciclo é di troppo… Pensa ai graffi che i sassolini faranno sotto l’ obliquo! O hai messo il trasparente autoadesivo?! Su una ciclocross credo sia normale… Ma penso che la cosa ti passera fra qualche tempo: é la sana sindrome da “scarpe nuove” che avevamo da bambini, ricordi?!
Nello specifico devo dire che é proprio bello: si vede poco anche per il colore, é sottilisimo: potresti quasi brevettarlo.
Seriamente: sai che se ci vanno sotto sassetti potrebbe graffiarti il tubo di più rispetto alle fettucce del portabarrette?!
Traquillo Franz, io scherzo sempre e comunque!! mai prendersi troppo sul serio!
e comunque io sono ancora in attesa del tuo invito alla prima Gravel dell’Alto Adige. Forza al lavoro, che il movimento è in fermento
Un sottile strato imbottito io lo metto sul fondo interno della fuel tank. Sentivo colpi sordi sul telaio… erano le barrette che saltavano!
ride on
Francesco
Gud! Anche io all’interno della picola sacca ho inserito un foglio sagomato di poliuretano per proteggere una piccola macchina fotografica dai colpi dello sterrato, camera per foto piuttosco che barrette energetiche!
Max
Ah ah ah… in realtà io l’ho messo per proteggere il telaio!
Comunque, bella gravel!
Cheers
sì certo… io dentro e fuori! anche se ho messo quello che avevo in casa, poco eyefrendly… 😉
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